Tovena, frazione di Cison di Valmarino, sorge nella Valsana a nord-est rispetto all’abitato di Cison.

Storia di Tovena

Storicamente il centro abitato si è formato all’imboccatura della via di comunicazione che lasciando la pedemontana sale attraverso il Passo San Boldo per arrivare nel bellunese. Questo è un percorso che ha visto il transito continuo di persone e merci fra le Prealpi bellunesi e quelle trevigiane fin dall’Alto Medioevo se non dall’epoca romana.

A livello toponomastico, Tovena deriverebbe il suo nome da toff, che sta ad indicare un terreno duro, impenetrabile, con solchi dati dall’erosione dell’acqua e dagli agenti atmosferici che rendono il terreno difficile da coltivare.

A Tovena si trova anche una cappella dedicata a San Vigilio, Vescovo e Martire nonché patrono di Trento. Probabilmente anche per questo, secondo gli studiosi, gli scambi commerciali e i pellegrinaggi nel medioevo interessarono anche il Trentino.

Del medesimo periodo possiamo notare dei ruderi di una fortificazione dell’epoca vicino al torrente Gravon. Fu una delle tante fortificazioni presenti nella pedemontana che servivano alla difesa del territorio.

La prima attestazione su Tovena risale al Diploma promulgato dall’Imperatore Ottone I nel 962, dove l’allora Vescovo di Ceneda Sicardo, chiedeva all’Imperatore Ottone I di tornare in possesso dei suoi possedimenti sottrattigli da Berengario II.

Probabilmente con questo Diploma Ceneda, che in precedenza veniva citata nei documenti come ducato, diventa Contea. Nello scritto viene anche citata la Curtis Tovene. C’è da notare che sono pochi i paesi che vantano testimonianze in un documento così antico. L’interesse per il luogo, era forse dovuto alla sua vitalità e agli interessanti scambi di varia natura che prosperavano soprattutto grazie al Passo San Boldo.

Nel Medioevo Tovena fu soggetta al Vescovo Conte di Ceneda e ai potenti signori della vallata come i Da Camino di Sopra e i Brandolini.

Nel corso del tempo, diversi furono i cambiamenti che videro l’alternanza dei padroni al Passo. I contendenti comunque erano sempre loro: i Trevigiani da una parte ed i Bellunesi dall’altra. Inevitabilmente il passo rendeva benissimo grazie agli introiti ricavati dalle tasse. Una annotazione degli storici ci ricorda che il nome del passo non deriva da San Ubaldo ma da Ippolitus che nel corso dei secoli venne storpiato prima in Poltus e poi in Boldo.

Durante il Trecento ed il Quattrocento, nacquero nel territorio diverse pievi dove gli abitanti di Tovena, ma anche Gai e Rolle potevano partecipare alla vita religiosa. Tutte queste dipendevano dalla chiesa matrice di Santa Maria Assunta di Cison di Valmarino.

Fra i molti lavoratori che salivano sul San Boldo e, quindi transitavano anche per Tovena, rimangono nella memoria gli Zattieri. Questi ultimi furono uomini che dal bellunese guidavano, nella discesa verso la pianura, le zattere cariche di grossi tronchi d’albero, che venivano affidate alla corrente del fiume Piave quando le sue acque erano in piena, specialmente in primavera ed autunno. Veniva considerato, oggi come ieri, un mestiere faticoso e pericoloso, diversi infatti, furono i morti durante queste missioni lavorative.

Questo lavoro divenne via via importante da quando la Repubblica di Venezia, dopo la propria espansione nella terra ferma, chiese legname per le proprie navi da guerra e non solo.

Gli Zattieri erano dipinti come figure moleste che, sulla via del ritorno, vagabondavano per i paesi creando scompiglio e risse ed erano dediti a bere. Le cronache riportano casi di risse fuori dalle osterie anche a Tovena.

Le notizie dell’epoca ci raccontano di questi uomini che terminata la parte del viaggio più pericolosa, cioè quella che li vedeva condurre le zattere dal bellunese fino alla pianura, lasciavano le chiatte nel pomeriggio a Falzè di Piave o Nervesa e arrivavano per sera a Tovena. Dormivano nel paese e il giorno dopo riprendevano il viaggio superando il valico del San Boldo. Era necessario camminare per 35 chilometri in salita per arrivare nel bellunese. I lavoratori preferivano la via del San Boldo rispetto a quella di Praderadego che partiva da Follina perché era un tragitto collaudato.

Il Settecento fu un secolo di grandi avvenimenti a Tovena: il più importante l’ammodernamento della chiesa Santi Simone e Giuda nell’attuale piazza.

Si pensi che in quel secolo la frazione di Tovena contava 610 abitanti: 431 adulti e 179 fanciulli e vi erano tre figure religiose che amministravano i beni e le anime del paese.

Mancando informazioni specifiche è pensabile che Tovena abbia condiviso con Cison di Valmarino le sue vicissitudini.

Per coloro che volessero approfondire la Storia della località segnaliamo: “Tovena” di Rino Becchevolo, Diocesi di Vittorio Veneto, 1992.