Oca in onto

Le prime informazioni dell’uso dell’oca per scopi alimentari risalgono all’epoca romana, quando i soldati dell’Urbe occuparono i territori a nord delle Alpi.

In Veneto, le ricette che prevedono l’utilizzo dell’oca e in particolare “all’oca in onto”, ci portano all’epoca della Serenissima, quando nel Cinquecento si cercarono alternative ai piatti di carne della tradizione regionale che generalmente si basavano sulla carne di maiale.

Sembra che la ricetta dell’oca in onto abbia origine ebraica. Infatti, l’oca nella cultura giudaica, sostituisce il maiale, che non viene consumato per motivi religiosi e culturali.

Nel passato, le oche allevate venivano tradizionalmente macellate durante i primi freddi e ritualmente la festa di San Martino l’11 novembre, vuoi perché già ricche di grasso, vuoi perché servivano alimenti calorici per nutrire le genti che dovevano affrontare i primi freddi.

Oltre all’allevamento, anche la caccia era un modo per procurarsi le oche. In vari modi infatti, i cacciatori durante i primi giorni d’autunno, all’epoca delle migrazioni, quando oche ed altre specie di volatili andavano a svernare in paesi più caldi, riuscivano a catturarle o ad abbatterle.

L’oca tipica dei cortili veneti, è una specie addomesticata dall’uomo. Proprio l’intervento dell’uomo a livello planetario ha contribuito a creare diverse razze che proprio per questo vengono utilizzate per scopi diversi. L’oca dei cortili veneti ha come antenata l’oca cinerina che si diffuse fin dal Medioevo.

Con le oche si producono molte prelibatezze da portare in tavola tra cui: salami, prosciutti, paté di fegato, arrosti e condimenti, non meno importanti sono le piume utilizzate per produrre i classici piumini.

L’oca in onto è sostanzialmente una conserva, che probabilmente era stata messa a punto nelle cucine secoli fa, per prolungare l’utilizzo delle carni anche mesi e mesi dopo la macellazione.

Alcuni studi ci ricordano come l’oca in onto sia descritta sostanzialmente in due ricette tradizionali: una prevede la conservazione dell’oca una volta cotte le carni, l’altra prevede che le carni siano conservate crude previa salatura ed affumicatura.

La ricetta più diffusa soprattutto nel territorio della bassa padovana, prevede che le carni cotte vengano separate dalle loro parti grasse, tagliate a pezzetti, lasciate riposare sotto sale per alcuni giorni, riposte successivamente in un orcio di terracotta o vetro alternando pezzetti di carne con grasso d’oca fuso e foglie d’alloro e chiuso successivamente in modo ermetico.

L’altra ricetta invece, prevede la cottura dei pezzi d’oca nel proprio grasso prima di porli nei vasi chiusi ermeticamente per una buona conservazione. Con il passare del tempo sono mutati i modi di affumicatura e parte degli ingredienti utilizzati. Sicuramente non è cambiata la bontà e l’esclusività di questa pietanza.

In anni in cui, giustamente, siamo attenti ai cibi che mangiamo e alla loro salubrità, l’oca può rappresentare una valida risorsa per le nostre diete e anche un modo per recuperare le nostre tradizioni.