De.Co

In questo articolo vi raccontiamo che cosa sono i De.Co e quali altre certificazioni si possono trovare nei prodotti enogastronomici che compriamo regolarmente.

Nel passato e ancora oggi il cibo ha avuto sempre un’importanza rilevante, tant’è che gli antichi e poi i greci ed i romani offrivano molteplici pietanze nelle varie ricorrenze in onore di qualche divinità o durante le cerimonie nuziali o i banchetti. Il cibo era ed è accoglienza, riconoscenza e dono.

In Italia il cibo è uno dei pilastri della cultura nazionale, uno dei motivi di vanto del Bel Paese.

Il cibo può essere consumato per costrizione ovvero necessità oppure per piacere abbinandolo ad una degustazione. Infatti, due sono le filosofie che ne caratterizzano il consumo: quella slow e quella fast. Nella prima gli elementi basilari sono: lentezza, attenzione alle piccole cose, valorizzazione di tutti quegli aspetti che influenzano positivamente i nostri sensi, così che ognuno possa farsi permeare dall’azione che sta vivendo. Pensiamo ad esempio alla soddisfazione anche visiva di avvicinarci con la forchetta ad un assaggio di lasagna alla bolognese tiepida.

Nel secondo caso l’elemento centrale è la velocità, l’impazienza che porta a non valorizzare quanto si consuma, compreso il tempo ed il suo valore.

L’icona di questo modo di vivere, riferita al cibo, sono i fast food e per altri aspetti la ricerca continua dell’ultimo modello di cellulare piuttosto che di computer, con l’illusione che questo sia l’unico modo corretto per essere sempre proiettati verso il futuro. Così facendo le persone non si rendono conto che stanno perdendo l’oggi. Mi ricorda molto il “Sabato del villaggio” di Leopardi il sabato corre via nell’attesa del “dì di festa”, che, a sua volta, quando arriva, scivola via e non vive appieno perché già proiettati all’indomani.

In Italia il cibo è uno dei pilastri della cultura nazionale, uno dei motivi di vanto del Bel Paese. È sufficiente menzionare il Grana Padano, il Cotechino, gli Agrumi di Sicilia, perché ogni Italiano si senta co-autore di questi successi, anche se, professionalmente svolge un’attività che con le pietanze non ha niente a che fare. Il cibo, infatti, crea comunità, e può essere fonte di attrazione per altri.

A supporto del turismo enogastronomico e dei consumatori, in generale, l’Italia vanta come paese europeo il numero più elevato di certificazioni agroalimentari. Queste sono in continua evoluzione ed aggiornamento, attualmente superano le 600 denominazioni per il settore dei vini protetti con marchi tipo DOCG, DOC, IGT, DOP, IGP e prossime ai 300 per i prodotti agroalimentari con marchi DOP, IGP, STG. Per ogni denominazione sono stati organizzati disciplinari con regole e procedure da seguire. I marchi DOCG, DOC, IGT riguardano solamente i vini e si conservano in quanto facevano parte della normativa precedente, mentre, le restanti diciture più attuali, vengono concesse ad altri prodotti agroalimentari come ortaggi, formaggi, salumi e agli stessi vini. Va ricordato che la logica UE fa riferimento alle Denominazioni di Origine o alle Indicazioni Geografiche.

Il marchio DOP viene rilasciato dall’Unione Europea e viene concesso ai prodotti agroalimentari perché rappresentativi di una data zona geografica. In questa certificazione vengono presi in esame sia il prodotto realizzato sia l’operosità degli individui coinvolti nella produzione agroalimentare. La normativa vigente usa i seguenti termini per delineare il concetto che sta alla base di una DOP: “Il nome di una Regione, di un luogo determinato o, in casi eccezionali, di un paese che servono a designare un prodotto agricolo o alimentare originario di quell’area le cui caratteristiche o qualità, inclusi i fattori naturali e umani, sono riferibili essenzialmente o esclusivamente ad un particolare ambiente geografico la cui produzione, trasformazione ed elaborazione avvengono in quella zona delimitata e ben definita ”.

Per quanto riguarda le Denominazioni di Origine per i vini, l’Italia può adottare oltre al marchio DOP anche i marchi tradizionali DOC e DOCG. Questi ultimi prevedono quanto stabilito per le DOP oltre ad aggiungere ulteriori requisiti ad esempio: le caratteristiche del prodotto devono essere facilmente identificabili per facilitare, da parte del consumatore, l’area geografica di provenienza, la sua produzione avviene in detta zona geografica, nel caso della denominazione DOCG i parametri rispetto alla DOC sono più ristrettivi e riguardano ad esempio la quantità di produzione annuale, i parametri analitici e le tecniche di produzione o conservazione.

Prendendo in mano una bottiglia di vino è possibile trovare nell’etichetta la dicitura di qualità tradizionale DOC affiancata alla dicitura DOP, stessa cosa può accadere con una DOCG affiancata ad una DOP.

La coesistenza dei doppi marchi viene accettata per tutelare quelle tradizioni protette, presenti sul mercato, prima dell’emanazione del Regolamento europeo del maggio 2009. Questa azione è stata realizzata per salvaguardare alcuni prodotti vitivinicoli di qualità e per non disorientare il consumatore ormai affezionato a queste certificazioni.

L’IGP è un marchio rilasciato dall’Unione Europea a quei prodotti agroalimentari che soddisfano tutta una serie di requisiti e proprio per questo godono di una buona reputazione in un determinato territorio. Per ottenere questo riconoscimento è necessario mettere in luce il modus operandi di una zona geografica ben definita. Rispetto alla DOP, per ottenere l’IGP è sufficiente che una di queste fasi: la produzione e/o la trasformazione e/o l’elaborazione avvengano in quella zona geografica.

Tra i marchi di qualità meno noti vi è la Specialità Tradizionale Garantita (STG), un marchio europeo che tutela la produzione agricola o alimentare tradizionale la cui specificità è intesa come elemento o insieme facilmente distinguibile da altri prodotti agroalimentari analoghi appartenenti alla stessa categoria. Per questo motivo è riconosciuto come Tradizionale. È necessario che questo prodotto sia sul mercato da almeno un quarto di secolo. STG valorizzata la composizione o il procedimento di produzione. Il lavorato non deve necessariamente essere realizzano nella zona da cui prende il nome.

Tra le molte altre diciture presenti sul mercato, ricordiamo ancora PAT (Prodotti Alimentari Tradizionali) e Produzione integrata. La PAT è un riconoscimento italiano che viene concesso a quella serie di prodotti agroalimentari che adottano metodi di lavorazione consolidati nel tempo e per un arco temporale minimo di 25 anni. Per questo marchio il tempo è un fattore fondamentale.

La produzione integrata, invece, è una strategia che valorizza il territorio in quanto terra. Infatti, in quest’ultima vengono utilizzati in maniera bilanciata sostanze chimiche e naturali. Due sono i pilastri fondamentali in questa filosofia: il ruolo centrale degli agroecosistemi, un ciclo equilibrato degli elementi nutritivi, miglioramento della fertilità del suolo.

In questo ultimo articolo verranno illustrate le potenzialità della nuova denominazione De.Co.

Un altro marchio di qualità che si sta sviluppando è la Denominazione di Origine Comunale (De.Co.). L’obiettivo di questa denominazione è quello di promuovere i prodotti comunali. La legge 142 del giugno 1990 attribuisce ai Comuni la possibilità che questi mettano in atto la propria funzione amministrativa per diversi settori tra i quali anche per quello che riguarda l’assetto e l’utilizzazione del territorio e dello sviluppo economico.  Ecco che un’amministrazione comunale può promuovere una serie di interventi volti alla promozione della sua municipalità anche attraverso l’enogastronomia locale con le sue peculiarità e interazioni.

Non vi è una definizione chiara e unanime per questa nuova denominazione. Può essere intesa come un modo per vivere, con un’altra prospettiva, il proprio territorio. L’ideatore dei De.Co, Luigi Veronelli alla fine degli anni Novanta, aveva usato le seguenti parole per concretizzare questo marchio: “I De.Co sono un modo per restituire […] agli abitanti dei Comuni il loro patrimonio, il frutto delle loro fatiche di tanti anni. Vorrei che i Sindaci si facessero attivi di un certificato di origine per ciascuno dei prodotti che nasce e che è confezionato nelle loro terre.”

Diversi sono i prodotti che ad oggi (febbraio 2017) hanno ottenuto la Denominazione d’Origine Comunale. Come riportato nella tabella sottostante, vi sono delle regioni italiane che hanno più prodotti De.Co come Lombardia, Emilia Romagna e Veneto ed altre che non hanno nessun prodotto con tale denominazione come Abruzzo, Friuli Venezia Giulia ed Umbria. Ad oggi, questa certificazione è stata rilasciata a 345 prodotti in Italia.

Regione italiana Numero di Certificati Regione italiana Numero di Certificati
Abruzzo 0 Molise 5
Basilicata 2 Piemonte 34
Calabria 16 Puglia 14
Campania 17 Sardegna 7
Emilia Romagna 60 Sicilia 19
Friuli Venezia Giulia 0 Toscana 1
Lazio 19 Trentino Alto Adige 1
Liguria 33 Umbria 0
Lombardia 60 Valle D’Aosta 2
Marche 4 Veneto 50

Come precisato nella tabella precedente, molti sono i prodotti De.Co presenti in Italia. In Veneto se ne contano una cinquantina. Tra questi è possibile ricordare come esempio la De.CoPatata di Monte Faldo” ed il “Broccolo Fiolaro di Creazzo”. Entrambi i prodotti vengono coltivati nella provincia di Vicenza. Nel primo caso, il monte fa da divisorio tra le vallate dell’Agno e del Chiampo e rappresenta una delle ultime dorsali della Lessinia. Gran parte di questa valle si trova in provincia di Verona ed una piccola parte, in quella di Vicenza.

L’altro prodotto De.Co citato in precedenza come esempio è il “Broccolo Fiolaro di Creazzo”. Quest’ultimo è una cultura tipica delle colline di questo paese. Il termine broccolo deriva da brocco che significa germoglio. Fiolaro, invece nel linguaggio della zona significa figlio. Questo prodotto ha trovato un habitat favorevole per la coltivazione grazie al clima ed al terreno particolare della zona. È un ortaggio ricco di sali minerali tra i quali ferro, calcio, potassio ecc.  Con questa varietà di broccolo è possibile preparare zuppe, risotti e paste.

Avere a disposizione questa denominazione può senz’altro aiutare a rendere visibile l’invisibile.

Il turismo enogastronomico ed anche i De.Co sono dei vettori per conoscere il territorio anche in maniera slow senza farsi prendere né dalla frenesia né dall’impazienza, dando la possibilità al cervello di sedimentare le proprie esperienze ed essere consapevole della realtà che una persona sta assaporando.

Il consumo in loco è un’altra chiave valida dei De.Co proprio perché non esiste una massa di prodotto che possa arrivare sui mercati nazionali o esteri dati i quantitativi ridotti disponibili. Proprio per questo chi è interessato a consumare queste tipologie di prodotti può vivere una nuova esperienza coniugando la visita del luogo con i sapori del territorio.