Nel 1917, dopo la rotta del fronte a Caporetto, l’esercito degli Imperi Centrali sfondò le linee italiane e cinquant’anni più tardi della scomparsa del Regno Lombardo Veneto, i soldati austriaci ritornarono nei vecchi territori della Repubblica di Venezia. In meno di 20 giorni passarono attraverso la pianura friulana e veneta fino alla sponda sinistra del Piave.

Le autorità italiane avevano sollecitato la popolazione ad abbandonare le zone che sarebbero state invase, ma per molti, la sopravvivenza era legata alla coltivazione della terra e ai pochi beni custoditi. Fu così che i più rimasero nelle loro case.

Prima Guerra Mondiale a Fregona

Da Fregona se ne andarono il Podestà Angelo Marson, figura equivalente al Sindaco dei giorni nostri, l’Assessore e ricevitore postale Giacomo De Luca oltre agli impiegati comunali Giuseppe Rossi e Francesco Costacurta. Tutti varcarono il Piave dirigendosi su Bologna e poi Napoli per prendere servizio nel Comune di Mugnano di Napoli (NA).

Gli Austro-Ungarici arrivarono in paese giungendo dalla Foresta del Cansiglio durante il pomeriggio di giovedì 8 novembre. Erano, secondo le fonti pervenuteci, circa 2.500 soldati. In serata raggiunsero le frazioni di Osigo e Mezzavilla e passarono la prima notte di occupazione approfittando delle scorte della popolazione e ubriacandosi.

Gli ufficiali occuparono alcune abitazioni dei Fregonesi mentre sotto-ufficiali e truppa, si acquartierarono nel municipio abbandonato e nelle scuole di Primo Grado Inferiore di Mezzavilla. Gran parte dei soldati il giorno dopo riprese la strada per il Cansiglio, per sopraffare le retroguardie italiane accampate nella Foresta e nella zona dell’Alpago, non prima di aver fatto incetta di scorte alimentari come riso, zucchero e farina dal locale forno e dopo aver investito dell’autorità locale l’Arciprete di Fregona tenuto conto che Podestà e Giunta erano fuggiti oltre il Piave. In un secondo momento vennero requisite anche le Scuole di Primo Grado delle frazioni di Osigo e Sonego e la canonica.

Le confische ed i soprusi da parte dell’invasore cominciarono da subito e misero a dura prova i Fregonesi. I soldati requisirono e sottrassero di tutto: alimentari e vino, bovini e ovini, frumento ma anche legname e molto altro ancora. Asportarono mobili, decori, porte, suppellettili. Ad esempio nella chiesa intitolata a San Giorgio in Osigo rimasero solo le mura perimetrali.

Dall’arrivo dell’invasore nel novembre 1917 vennero emanate diverse ordinanze militari. Quelle che miravano al censimento particolareggiato di tutte le scorte agricole esistenti nel territorio occupato per comprenderne la disponibilità effettiva. Quelle che requisivano il materiale militare di interesse per il proseguimento della guerra.

Nel febbraio 1918 uscì il Bollettino delle ordinanze dell’amministrazione militare nel territorio occupato. Vi furono anche ordinanze che imponevano l’asservimento degli apparati industriali e civili per soli scopi bellici.

Di fatto tutto serviva per la guerra e la popolazione civile era sempre più allo stremo.

Vi furono anche ordinanze che miravano, vuoi per propaganda o per necessità, a spostare persone dalle zone invase in Italia alle campagne in Austria e Germania che, spopolate a causa della guerra, avevano bisogno di lavoratori. Il contratto era standard come quello dei contadini autoctoni, la paga anche, con la possibilità per chi si trasferiva di mandare i soldi in Italia e di rescindere l’accordo dopo sei mesi.

La situazione a Fregona già grave per tutta la popolazione peggiorò ulteriormente nei mesi invernali. Al fronte, lungo la linea del Piave, i civili scappavano per fuggire alla guerra e quelli intenzionati a rimanere vennero spostati forzatamente verso le linee di retroguardia.  Gli abitanti del Quartiere del Piave vennero assegnati a due zone di ammassamento: Revine Lago e Tarzo e lungo la Pedemontana orientale nei Comuni di Fregona, Cappella Maggiore, Sarmede e Cordignano. La situazione prevista dal comando militare austroungarico per evitare spionaggi e resistenza nella linea del fronte, non tenne conto che l’attuazione di questa strategia avrebbe messo in crisi l’intero territorio già provato dalle razzie del suo esercito.

Le condizioni climatiche, tenuto conto che l’operazione iniziò nel mese di dicembre, complicarono ulteriormente le cose. Fu una diaspora di civili che si diressero verso un luogo senza mezzi e con quel poco che poterono portarsi a presso tenuto conto della situazione precaria in cui versava il territorio.

A Fregona i profughi giunsero nel pomeriggio del 13 dicembre 1917, erano più di 1.300 persone. Ad accompagnarli la loro guida spirituale, che nel frattempo, incaricato, pena fucilazione dagli austriaci, era diventato anche la loro guida civile: il vicario parrocchiale di Segusino don Antonio Riva.

I Fregonesi erano visibilmente preoccupati alla vista degli abitanti di Segusino perché il cibo già non bastava per loro, figurarsi se si dovevano sfamare anche altre persone. L’arciprete di Fregona, don Giovanni Toja diede comunque il suo appoggio al Riva e in qualche modo, con l’aiuto di altri abitanti di Fregona gli esuli trovarono qualche sistemazione. I mesi successivi rappresentarono comunque l’evidenza della miseria e della fame. Al di là di ogni parola, basta dare una lettura alla tabella sottostante, per capire l’entità delle privazioni a cui furono assoggettati abitanti e profughi, nei mesi successivi all’occupazione.

Di seguito viene riportata la tabella dei nati e dei morti nel Comune di Fregona, durante la Grande Guerra e nell’immediato dopoguerra.

Anno Totale nati Totale morti
1915 153 62
1916 118 65
1917 94 73
1918 114 302
1919 84 73
1920 163 48

Per coloro che volessero approfondire la situazione della Prima Guerra Mondiale segnaliamo il libro: “L’anno d’Invasione a Fregona 8 novembre 1917-29 ottobre 1918, Oscar De Zorzi, De Bastiani, 2018”

Le foto che trovate qui sotto, sono state scansionate dal libro sopracitato.

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